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CNR: Alamanacco della Scienza

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N. 3 - 10 feb 2021
ISSN 2037-4801

Focus - Sotto sotto  

Tecnologia

Archeologia: la scienza aiuta a scoprire i falsi

Lo scorso 14 novembre è stata celebrata la prima Giornata internazionale contro il traffico illecito di beni culturali indetta dall'Unesco, fenomeno che comprende anche la contraffazione di reperti e la vendita di oggetti di dubbia autenticità come dipinti, manufatti ceramici e in metallo, oggetto di interesse per i collezionisti. Tuttavia, non sempre le attribuzioni sbagliate sono intenzionali: analogamente a quanto avviene oggi, anche nei secoli scorsi le repliche di manufatti erano richieste e riprodotte deliberatamente, provenendo a volte dallo stesso laboratorio di produzione dell'originale.

Ricostruire identità e storia di un oggetto può essere relativamente semplice, dal momento che il falsario accosta stili visibilmente diversi o particolarmente eclettici, utilizza materiali di scarsa qualità, non disponibili o non collocabili nell'epoca presunta della lavorazione. Spesso, però, serve il parere di uno o più esperti per stabilirne l'autenticità: chi ha prodotto la copia può aver reperito le materie prime dalla zona di provenienza dell'originale, replicando in maniera fedele i processi di lavorazione utilizzati nel corrispondente periodo storico. Un'ulteriore complicazione, poi, è data dalla difficoltà intrinseca di fare qualsiasi considerazione stilistica o scientifica su oggetti di provenienza ignota o di cui si è persa la documentazione.

“La ricorrenza nelle collezioni private e in quelle museali di manufatti contraffatti ha imposto il ricorso a strategie collaborative per il loro studio e riconoscimento: l'approccio archeometrico assume un ruolo fondamentale per lo studio, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale”, spiega Donata Magrini, ricercatrice dell'Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr. “Le indagini scientifiche per l'individuazione di reperti contraffatti comprendono tecniche di datazione come la termoluminescenza o la datazione al radiocarbonio, che richiedono il campionamento del manufatto e metodi di tipo non-invasivo per la determinazione della composizione chimica dei materiali originali, dei prodotti di degrado e/o di restauro, come fluorescenza ai raggi-X (Xrf), spettroscopia nell'infrarosso (Ft-Ir) e nell'Uv-Vis-Nir (Ultraviolet-Visible-Near InfraRed) e spettroscopia Raman, basati su strumentazione portatile. Combinando inoltre tecniche di imaging come radiografia X, fluorescenza nell'Uv e riflettografia nell'Ir è possibile rilevare la distribuzione spaziale dei materiali presenti e discriminare in base alla loro composizione chimica le superfici originali da quelle ritoccate o integrate”.

Un esempio dell'importanza del binomio scienza-archeologia in tema di trafugamenti e falsi è rappresentato dalla campagna diagnostica condotta dall'Associazione italiana di archeometria (AiAr) in occasione della mostra “Possessione, trafugamenti e falsi di antichità a Paestum”, su reperti della collezione permanente conservati nei depositi del Parco Archeologico di Paestum, con il coinvolgimento dei ricercatori dell'allora Istituto per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali (Icvbc) del Cnr, oggi Cnr-Ispc. “Un corpus di circa 30 oggetti, tra reperti ceramici, lastre dipinte, monete e manufatti metallici, è stato sottoposto a un approfondito studio archeometrico e per la verifica della loro originalità”, continua la ricercatrice. “Tra le evidenze più significative, l'autenticazione di un'anfora in ceramica lucana a figure rosse, mai esposta prima perché creduta da sempre un falso. Le indagini in termoluminescenza (Tl) hanno invece confermato la sua produzione antica e l'individuazione di una bottega artistica lucana della II metà del IV secolo a.C. dal gusto e dallo stile tanto eclettico da essere mal interpretato stilisticamente e considerato tipico di una contraffazione. Le ceramiche archeologiche risultano tra gli oggetti più frequentemente contraffatti e la Tl è, nella maggior parte dei casi, uno strumento risolutivo circa la loro autenticazione, nonostante le tecniche impiegate dai falsari siano sempre più sofisticate”.

Il principio della Tl è basato sulla misura della luminescenza emessa scaldando fino a 450 °C materiali contenenti quarzo e feldspati, come nel caso delle argille, segnale proporzionale alla quantità di radiazioni ionizzanti assorbite nel tempo e dovute alla radioattività naturale di fondo: più è elevato il segnale di Tl misurato sul campione del reperto maggiore è la sua età, intesa come il tempo intercorso fra la misura e la cottura dell'argilla all'epoca della produzione del manufatto, il cosiddetto “tempo zero”. Un falso recentemente prodotto darà sicuramente un segnale Tl molto meno intenso o anche non rilevabile rispetto al pezzo autentico, come riportato nell'interessante review “Ceramic chronology by luminescence dating: how and when it is possible to date ceramic artefacts”, pubblicata nel 2020 da Anna Galli e collaboratori su “Archaeological and Anthropological Sciences”. Galli descrive anche una metodologia emergente, complementare alla Tl per datare le ceramiche, tuttora in fase sperimentale ma con risultati promettenti, la Rhx (ReHydroXylation). Basata sul fenomeno della re-idrossilazione delle argille cotte una volta raffreddate causata dall'assorbimento progressivo nel tempo di molecole di acqua, la metodica Rhx prevede di quantificare l'acqua riscaldando nuovamente il manufatto, riportandolo in una situazione simile a quella del “tempo zero”, e misurare quella riassorbita in un intervallo di tempo noto, un processo che segue una determinata cinetica e che permette, dunque, di fare una stima sul tempo intercorso a partire dalla lavorazione.

“Il contributo delle indagini scientifiche risulta di fondamentale importanza anche nel caso di attribuzioni di oggetti non archeologici. Recentemente il Cnr-Ispc in collaborazione con i carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale ha contribuito all'individuazione e all'autenticazione di un dipinto a olio su tela attribuito a Pablo Picasso e intitolato 'Violon Ceret'” conclude Magrini. “Gli accertamenti stilistici e scientifici svolti dai ricercatori dell'Istituto del Cnr si sono svolti avvalendosi di una serie di indagini scientifiche che hanno evidenziato la compatibilità dei pigmenti e dei materiali costitutivi del dipinto con la sua epoca di realizzazione, confermando i risultati emersi da precedenti dati stilistici e dalla ricerca di fonti documentali”.

Alessia Famengo

Fonte: Donata Magrini, Istituto di scienze del patrimonio culturale , email donata.magrini@cnr.it -