Ultima edizione | Archivio giornali | Archivio tematico | Archivio video
Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
Archivio
N. 5 - 14 mar 2012
ISSN 2037-4801
L'altra ricerca a cura di Rosanna Dassisti
Spiegare ai cittadini il significato e l'importanza di una fonte di cellule staminali per la cura di patologie gravi. È l'argomento del convegno 'La donazione del sangue del cordone ombelicale. Informazione e sensibilizzazione', organizzato dai Lions club Roma Castel Sant'Angelo con il patrocinio e contributo del Consiglio regionale del Lazio, svoltosi nella Sala Alessandrina dell'Accademia di Storia dell'arte sanitaria, presso il Complesso monumentale dell'ospedale Santo Spirito di Roma.
"Ogni neo mamma che decide di donare il sangue cordonale del proprio figlio", spiega Mario Bernardini, presidente dell'Associazione stampa medica (Asmi), "offre a un paziente affetto da malattie ematologiche una concreta speranza di guarigione".
Fino a poco tempo fa il sangue del cordone ombelicale veniva eliminato alla nascita del bimbo, con i 'rifiuti speciali' del parto. Studi recenti hanno dimostrato che esso, come pure quello della placenta, è ricchissimo di cellule staminali emopoietiche, preposte a formare gli elementi corpuscolari del sangue: globuli rossi, bianchi e piastrine. E il ricorso alle staminali rappresenta una possibilità di intervento nelle malattie considerate inguaribili o difficilmente curabili, come la leucemia o gravi forme di anemia.
"Oggi, grazie al miglioramento delle terapie di supporto e alle recenti innovazioni tecniche, come il trapianto per via intra-ossea e quello di due unità di sangue cordonale (doppio trapianto), le cellule staminali del cordone sono utilizzate con successo sia nei bambini sia negli adulti ammalati", prosegue Bernardini. "Ecco perché le staminali placentari sono preziosissime. Trapiantandole, si può ripristinare la funzione del midollo, che riprende a produrre come prima globuli bianchi, rossi e piastrine".
Donare il sangue cordonale è semplice e senza rischi per mamma e bambino, poiché il prelievo avviene quando il cordone è già stato reciso. "Al momento del parto", conclude il presidente dell'Asmi, "è opportuno che la donna informi l'ostetrica sulla volontà di donare per essere sottoposta a una serie di esami ematici che saranno ripetuti a sei mesi dal parto. La sacca viene poi inviata alla Banca del sangue cordonale, collegata al centro nascita per i controlli di qualità, per essere congelata a -196° e conservata per oltre 20 anni".
Silvia Mattoni