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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 3 - 14 apr 2010
ISSN 2037-4801
Focus - Energie alternative
Tra le tante 'materie prime' che l'uomo può utilizzare per ricavare energia in modo diverso rispetto allo sfruttamento dei combustibili fossili o di altre fonti non rinnovabili, il progetto Flavia mira alla combustione diretta dei residui della lavorazione dell'olio di oliva, ovvero sansa e acque di vegetazione. Nella veste di coordinatore, l'Istituto di ricerche sulla combustione (Irc) del Cnr, che insieme con le aziende leccesi Italgest Ricerca e Primoljo scarl intende sviluppare un prototipo di sistema di produzione di energia termica, acqua calda e vapore.
Sansa e acque di vegetazione rappresentano circa l'80% in massa dei materiali in transito per un frantoio e possono dunque diventare importanti biomasse da trasformare e valorizzare direttamente presso lo stabilimento oleario. La ricerca, finanziata per 232.080 euro dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, prevede lo sviluppo di un processo termico, con la realizzazione di un prototipo di 200-300 kW termici e la successiva sperimentazione nell'arco di 30 mesi.
"La tecnologia consiste nella realizzazione di una caldaia a letto fluido - una sospensione di un solido granulare in un gas che, grazie a un preriscaldamento, viene portato a temperatura di 700-800 °C - di circa quattro metri di altezza per uno di larghezza", spiega Francesco Miccio, dell'Irc-Cnr. "Il letto fluido favorisce la completa combustione e l'ottenimento di bassi livelli di emissioni inquinanti, consente di bruciare in modo efficiente combustibili diversificati e la sabbia di cui è formato garantisce una capacità termica sufficientemente elevata da accettare materiali con un altissimo tenore di acqua. In particolare, con Flavia, si considererà una miscela composta di sansa e acque di vegetazione".
Un modello sperimentale è già disponibile presso il laboratorio dell'Istituto. "Da 100 chilogrammi di lavorazione delle olive si ricavano circa 18 chili di olio e residui di lavorazione costituiti, in parti variabili, da acqua di vegetazione e sansa vergine con un contenuto di umidità intorno al 50%", prosegue Miccio. "Nella tipica lavorazione a tre fasi questa sansa viene consegnata per l'estrazione di un olio di scarsissima qualità ottenuto con processo chimico. Quando si impiega il processo a due fasi, si ottiene sansa con umidità più elevata (circa il 60-70%) che di solito non viene ritirata dai sansifici e pone pertanto una notevole problematica di smaltimento per i frantoi, così come le acque di vegetazione, soprattutto se il frantoio è inserito nel contesto urbano. Spesso tali residui vengono eliminati in violazione delle norme di legge".
L'dea ispiratrice del progetto è eliminare tali oneri senza impatto sull'ambiente e con recupero parziale di energia. "Il sistema termico che andremo a sviluppare consentirà di distruggere il carico organico dei residui oleari producendo una significativa quota di energia termica, acqua calda e vapore, da utilizzare all'interno del frantoio", conclude Miccio. I costi potrebbero essere abbattuti consorziando più frantoi e considerando altre possibili biomasse residuali disponibili localmente.
Questa particolare applicazione della tecnologia del letto fluido potrebbe inoltre dar luogo a iniziative di spin-off o essere proposta a produttori italiani di apparecchiature per le industrie olearie, con i quali si potrebbero stringere accordi commerciali per un'auspicabile industrializzazione del processo.
Rita Lena
Fonte: Miccio Francesco, Istituto di ricerche sulla combustione, Napoli, tel. 081/5931567 , email miccio@irc.cnr.it -