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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 9 - 4 set 2019
ISSN 2037-4801
Focus - Oggetti smarriti (e ritrovati)
Nel 2018 l'Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano ha fatto il punto della pubblicità sui mezzi di comunicazione per il decennio 2008-2017. Pur tenendo conto del calo della spesa dovuto alla crisi del 2008, gli investimenti italiani per l'advertising online sono cresciuti dal 10% al 34% del totale, mentre la televisione è scesa dal 54% al 48% e la stampa è crollata dal 31% al 13%. Gli Over The Top (Ott), le imprese che forniscono servizi e informazioni bypassando le tradizionali piattaforme radio-televisive, controllano il 75% del digital marketing, con Facebook e Google in testa. Primato che non deve stupire: dal 52° rapporto Censis su Comunicazione e Media, più della metà della popolazione usa Fb (56%) e Youtube (51,8%), mentre Instagram raggiunge il 26,7% ma con un picco del 55,2% fra i giovani. Rispetto al 2007, inoltre, il numero di italiani connessi è aumentato del 33,1%, raggiungendo il 78,4%.
“Il maggiore investimento su Facebook e Google è dovuto al fatto che la pubblicità può essere molto profilata e ha costi più abbordabili”, spiega Anna Vaccarelli, dell'Istituto di informatica e telematica (Iit) del Cnr. “Inoltre, c'è il vantaggio di poter misurare il Roi (Return of Investement), riuscendo così a sapere con esattezza quante persone hanno visualizzato la pagina, il numero di click ricevuti e quanti utenti sono poi andati sui vari siti per fare acquisti, che è il fondamentale obiettivo degli annunci online”.
Il crollo di quasi il 60% della pubblicità su stampa è attribuibile al calo degli acquisti di giornali e quotidiani cartacei, ma anche la consultazione delle rispettive versioni online è scarsa. Sempre il Censis ha evidenziato una diminuzione di circa il 30% degli italiani che leggono i quotidiani a stampa rispetto al 2007, con un'attuale fetta di lettori del 37,4% non compensata dai siti degli stessi giornali, aumentati nello stesso periodo solo del 5,2%. Un dato interessante riguarda invece l'aumento del numero di navigatori che consulta aggregatori di notizie online e portali di informazione web, pari al 46,1%.
L'editoria tradizionale non sembra vivere dunque un buon momento, per usare un eufemismo. “Oltre ai minori guadagni da inserzioni pubblicitarie, non bisogna trascurare che la fiducia nei giornalisti da parte del pubblico è diminuita rispetto a venti anni fa e che il numero dei lettori è in calo drastico, quindi ci sono anche minori entrate da vendite e abbonamenti”, sottolinea la ricercatrice Cnr-Iit.
Certo, su questo ci sono pareri diversi. Il giurista Sabino Cassese, sul Resto del Carlino, per quanto riguarda la comunicazione politica sostiene "che i giornali stiano riconquistando un ruolo importante" poiché “propongono una guida all'opinione pubblica, che è invece disorientata dall'eccesso di notizie e di commenti, spesso separati l'uno dall'altro, che corrono sulla rete". Angelo Panebianco, politologo ed editorialista, conferma: "trovo improbabile che anche in futuro le nuove classi dirigenti si formino su altri strumenti che non siano qualificati, certificati, e di grande qualità, ossia sulla carta stampata". Basterebbe però citare l'elezione di Donald Trump, avversata e data per impossibile da gran parte della grande stampa americana ma sostenuta (in un modo che ha suscitato notevoli polemiche) sulla rete, per far sorgere il dubbio che l'autorevolezza venga attribuita alla stampa tradizionale soprattutto da chi ne fa parte e dal mondo politico che ad essa è molto legato.
Ad accreditare più ampiamente l'autorevolezza della carta stampata sono però i dati del 52° Rapporto comunicazione e media Censis: viene considerata molto o abbastanza affidabile dal 64,3% di italiani che ai siti web di informazione credono invece solo nel 42,8%, con i social network addirittura ritenuti non del tutto affidabili dal 66.4% degli italiani. Il fatto però che le vendite dei giornali crollino, che le notizie siano cercate sempre più on line, che i social siano sempre più utilizzati come piattaforma di comunicazione anche dagli stessi leader politici confermano però che l'autorevolezza attribuita ai giornali cartacei è un attestato meramente astratto, che non si traduce in una “conversione di comportamento”, per usare proprio un'espressione dei mediologi.
Ferruccio De Bortoli, già direttore del Corriere della sera e del Sole24 ore, solleva un'osservazione interessante: "al centro del dibattito vero ci sono sempre i giornali: voglio dire, la Rete discute quasi sempre di cose pubblicate dai giornali. E non sono stupito, perché alla fine sono i giornali che danno un senso, una credibilità e anche una forma politica a tutto quel che si muove nella società". È vero, la stampa è un perno ineludibile della crossmedialità, ma questo vuol dire anche che spesso il direttore di quotidiano compare come ospite in televisione a commentare un tweet o un post dei social network.
In un'intervista alla Cnbc, Mark Thompson, amministratore delegato del New York Times, ha dichiarato che la versione cartacea del suo giornale potrà sopravvivere per una decina di anni al massimo. Il gruppo editoriale è riuscito ad aumentare i ricavi del 3,8% negli ultimi tre mesi del 2018 rispetto al 2017 grazie soprattutto agli abbonamenti online, operando un'attenta diversificazione di flussi di informazioni tra cartaceo e digitale, investendo sulla qualità dei contenuti multimediali come podcast, video, infografiche, con proposte di abbonamento “su misura”. Senza rinunciare del tutto alla carta stampata. “Anche se il lettore tradizionale ama sfogliare le pagine dei quotidiani, la maggior parte del pubblico soprattutto, ma non solo, giovane è ormai abituata alla fruizione più veloce e multimediale. Il Nyt ha avuto la lungimiranza di andare incontro alle esigenze dei lettori. Continuare a chiamarli così, tuttavia, potrebbe essere limitante: più che lettori, sono fruitori”, conclude Vaccarelli.
Alessia Famengo
Fonte: Anna Vaccarelli, Istituto di informatica e telematica, Pisa, tel. 050/3152635 , email anna.vaccarelli@iit.cnr.it -