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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 9 - 4 set 2019
ISSN 2037-4801
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Lo psicologo di Yale Paul Bloom con il suo “Contro l'empatia. Una difesa della razionalità” muove una critica aperta e dichiaratamente controcorrente, tesa a mostrare come la spesso decantata capacità di mettersi nei panni altrui sia in realtà una pessima guida morale, che oscura quella ben più luminosa della ragione. Oggi tutti aspirano a essere empatici, avverte Bloom: i politici, in particolare, puntano molto su questo processo di identificazione, a esprimere il sentire di molti. Nel libro viene citato tra gli altri un discorso in cui l'ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, lamentava proprio il “deficit di empatia” come il pegggiore della società contemporanea, sostenendo che “abbiamo un grande bisogno di persone che siano in grado di mettersi nei panni di qualcun altro e vedere il mondo attraverso i suoi occhi”.
Bloom invita a riflettere criticamente su quest'impostazione ricordando un caso relativo alla Seconda guerra mondiale: gli inglesi riuscirono a decodificare il codice nazista Enigma e vennero quindi a conoscenza dell'attacco che i tedeschi erano prossimi a sferrare sulla città di Coventry. Avrebbero potuto a quel punto prevenirlo e avvertire la popolazione, ma così i nemici avrebbero compreso che il codice era stato decifrato: il governo di Churchill assunse quindi la razionale ma dolorosa scelta di sacrificare le vite innocenti dei cittadini per conservare un vantaggio militare con cui vincere la guerra in tempi più rapidi. Il classico esempio di “male minore” su cui la filosofia occidentale dibatte dai tempi di Agostino d'Ippona e Tommaso d'Aquino.
Il libro riconosce insomma all'empatia un ruolo positivo nella fruizione dell'arte e nei rapporti intimi, ma negativo quando il giudizio riguarda dilemmi politici, sociali ed economici, poiché spinge a giudizi avventati e scelte inique. Bloom paragona l'empatia alle bibite gassate, dolci quanto nocive, ed estende tale valutazione critica alla carità individuale, per esempio all'elemosina ai mendicanti, che soddisfa la coscienza individuale ma non risolve il problema sociale. Una posizione peraltro non del tutto inedita. Esistono persino ricerche che attestano come una spiccata empatia possa favorire relazioni morbose e persino criminali, quali quelle fra vittima e carnefice diagnosticate come “sindrome di Stoccolma”. Già un luminare dell'etologia come Frans de Wall dichiarava: “Noi non viviamo nell'età della ragione, viviamo in un'età dell'empatia”.
Una critica convergente con quella di Bloom è mossa da William Davies in “Stati nervosi. Come l'emotività ha conquistato il mondo”. Il sociologo inglese afferma che la società contemporanea è affetta da una vera nevrosi, per cui i cittadini non si fidano più degli esperti e rifiutano l'idea che esistano dati oggettivi. Secondo Davies, questo origina l'attuale successo, anche politico, di emozioni come rabbia e frustrazione, che arrivano a condizionare quasi in assoluto i nostri comportamenti. Il saggio ricorda un episodio del 2017, quando un falso allarme terroristico, diffuso in rete attraverso centinaia di tweet, provocò panico e disordini tali da costringere all'inutile evacuazione della stazione metropolitana di Oxford Circus (noi italiani ricordiamo l'esempio molto simile avvenuto allo Stadio Olimpico di Roma, quando fu interrotta una partita di calcio).
Davies attribuisce alle tecnologie digitali, ai mezzi di comunicazione e all'overload di informazioni la responsabilità di disorientare individui e governi, precipitandoli in una "allerta disperata", rendendoli preda dell'emotività, in contraddizione con quel processo di elevazione della ragione sul sentimento che era stata la cifra “rivoluzionaria del Settecento": oggi, conclude, “quella presenza della ragione nella vita pubblica è decaduta". La tesi che nell'era digitale numeri, dati e fatti reali perdano di autorevolezza, lasciando posto a voci, fantasie e congetture, in particolare per colpa dei social network, “un'arma da combattimento a disposizione di tutti”, non è certo molto originale, anzi rientra in una dilagante pubblicistica apocalittica, ma va riconosciuto all'autore di sostenerla basandosi su un'accurata ricerca storica.
Nessuno nega che il contesto sociale e mediatico oggi incentivi un'esasperata emotività, ma una contrapposizione dualista con la razionalità è eccessiva, anche perché le neuroscienze sempre più rimandano emozioni e sentimenti a ragioni evolutive e meccanismi neuronali ben precise. Per esempio, tornando all'empatia, fondamentale è stata la scoperta dei “neuroni specchio” a cui un fondamentale contributo è giunto dal dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Parma guidato da Giacomo Rizzolatti.
Lo psicologo danese Svend Brinkmann, nel suo “Contro il Self Help. Come resistere alla mania di migliorarsi”, evidenzia un altro aspetto di eccessiva emotività tipico della società liquida, veloce e accelerata in cui viviamo: la continua raffica di notizie, novità e innovazioni, spesso mere mode passeggere e inconsistenti, per esempio nel campo dell'alimentazione e della cura. L'illusione dalla scorciatoia miracolistica. “Contro il Self Help” – in fondo – è un paradossale libro di auto-aiuto che insegna a diffidare da testi dello stesso genere. Secondo Brinkmann l'uomo dovrebbe imparare a stare “fermo”, cioè a trovare il proprio equilibrio spazio-temporale, rifiutando il paradigma della mobilità, dinamicità e velocità finalizzato al miglioramento continuo. Per esempio, oggi dormiamo in media mezz'ora in meno a notte rispetto agli anni Settanta e fino a due ore in meno rispetto al diciannovesimo secolo; cambiamo idea, lavoro, partner con maggiore frequenza rispetto alle generazioni precedenti; le tecnologie che dovrebbero liberare il tempo finiscono per generare l'effetto contrario.
Lo psicologo danese parla di “sindrome del benessere”, di dipendenza - in particolare in ambiti come alimentazione, salute ed esercizio fisico - di una sorta di religione che sforna dogmi e precetti, di sedicenti guru e presunti mentori, dei quali gli adepti seguono pedissequamente i comandamenti. Una continua ricerca della felicità relazionale, del successo professionale, dello sviluppo delle proprie capacità e della permanenza della salute oltre qualunque limite. Life coach, terapeuti, consulenti, esperti del pensiero positivo: in effetti, basta guardare la classifica dei bestseller per notare come imperino i libri su questi temi. Brinkmann con il suo testo si pone come una sorta di guida di “anti-aiuto”, spiegando che lamentele, critiche, malinconia e pessimismo possono essere utili ad arginare la disumanizzazione del reale, la modellizzazione di una società che non concede errori, fragilità. Magari recuperando dagli stoici l'autocontrollo, la serenità, la dignità, il senso del dovere.
Lucrezia Parpaglioni
titolo: Contro l’ empatia
categoria: Saggi
autore/i: Bloom Paul
editore: Liberilibri
pagine: 288
prezzo: € 18.00
titolo: Stati nervosi
categoria: Saggi
autore/i: Davies William
editore: Einaudi
pagine: 362
prezzo: € 18.50
titolo: Contro il Self Help
categoria: Saggi
autore/i: Brinkmann Svend
editore: Raffaello Cortina Editore
pagine: 175
prezzo: € 15.00