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Quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 9 - 6 mag 2020
ISSN 2037-4801
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Philippe Kourilsky, già direttore dell'Institute Pasteur, biologo specializzato nel campo dell'immunologia e dei vaccini, ricercatore del Cnrs e professore emerito al Collège de France, si interessa da anni delle questioni sociali e della “salute” della democrazia, tanto da autodefinirsi “scientifique et démocrate”, scienziato e difensore della democrazia. Nel saggio “Di scienza e democrazia”, uscito in Francia nel 2019 e ora pubblicato Italia da Codice, spiega come la sua esperienza di ricercatore possa essere utile al bene comune, attraverso l'utilizzo del metodo e degli strumenti concettuali propri delle scienze dure, per migliorare le condizioni della democrazia, cercando di capire se e come la comunità degli esperti può alimentare il dibattito e la riflessione su temi come la povertà e la precarietà.
Il ruolo che la scienza ricopre nelle democrazie liberali è già stato molto discusso, tra gli altri, da Gilberto Corbellini, direttore del Dipartimento di scienze umane del Cnr, in “Scienza, quindi democrazia” (Einaudi). Tuttavia, se Corbellini definisce “innaturale” il ragionamento scientifico, perché ci permette di descrivere e prevedere i fenomeni sulla base di dati oggettivi e non sull'intuito, per Koulirsky la democrazia è come un sistema vivente che usa i meccanismi forniti dall'evoluzione per sopravvivere agli attacchi interni ed esterni, simili rispettivamente a un cancro o a un agente patogeno. L'autore riconosce i limiti di quest'analogia, ma ne evidenzia anche i punti di forza, in primis l'applicabilità del concetto di solidità, intesa come proprietà di un sistema che ne permette il funzionamento anche durante eventi imprevisti. Cerca poi di analizzare la solidità della democrazia e dei gruppi sociali utilizzando la complessità, intesa come diversità di costituenti e interazioni: non a caso, complessità e pensiero complesso sono strumenti utilizzati nel campo dello studio della biologia, dell'Intelligenza artificiale, dell' informatica e dell'ingegneria.
Kourilsky parla della “scienza sociale” come “locale” e contestualizzata, in grado quindi di consentire di fare il bene pubblico perché vicina alle tematiche che interessano le persone in un determinato luogo e periodo. Secondo il biologo, questo si appaia al sequenziamento del Dna, che ha permesso di correlare la variabilità genetica con l'insorgenza di particolari malattie, aprendo le porte alla medicina molecolare e alle cure mirate e individuali. Uno spunto di riflessione ulteriore riguarda l'innovazione e la creatività scientifica, da molti considerate un fattore essenziale di crescita economica, grazie alle quali la democrazia è in vantaggio nella competizione economica rispetto a un regime autoritario. Il biologo francese però contesta sia gli oneri finanziari e burocratici che influenzano la fruizione pubblica delle innovazioni, quindi la loro utilità, sia la libertà scientifica garantita dalle democrazie, portando l'esempio della Cina attuale (il libro precede l'epidemia di Covid-19, ovviamente) e dei sovietici nella corsa allo spazio di sessant'anni fa: “Mi pare altamente possibile che una dittatura illuminata possa riuscire meglio a innovare, controllando dall'interno gli eccessi di finanziarizzazione e/o normativi”.
Nonostante rimarchi continuamente il suo ruolo di scienziato, Kourilsky si esprime insomma come cittadino: la scienza può fornire metodi e strumenti concettuali, ma i cittadini possono e devono proporre azioni e soluzioni. Anche se a tratti appare “naif”, per il biologo conta accendere la discussione e stimolare la riflessione, a suo avviso trascurate, su pilastri della democrazia quali l'altruismo, la solidarietà e l'educazione.
Alessia Famengo
titolo: Di scienza e democrazia
categoria: Saggi
autore/i: Kourilsky Philippe
editore: Codice
pagine: 256
prezzo: € 23.00